Non aprite quella porta: il fenomeno dell’accumulo di animali

Più noto come "animal hoarding", l’accumulo di animali è un fenomeno le cui origini sono antiche, che in passato passava tra gli "inconvenienti igienici".

Più noto come “animal hoarding”, l’accumulo di animali è un fenomeno da non sottovalutare le cui origini sono antiche, quando ancora ci si approcciava alle sue manifestazioni qualificandole come “inconvenienti igienici”.

Qualche giorno fa sono stati posti sotto sequestro 38 gatti e 18 cani perché segregati all’interno di un civile abitazione in quel di Senago, alle porte di Milano. Non per inconvenienti igienici ma perché sono stati contestati all’occupante i reati di abbandono, maltrattamento e detenzione di animali in condizione incompatibili.

Ospiti della Scuola del Corpo della Polizia Locale di Milano, autorevoli relatori si sono ieri (venerdì 10 novembre 2017, ndr) interrogati sulle cause e conseguenze dell’animal hoarding che, oltre ad essere riconosciuto come patologia possessiva-compulsiva, è soprattutto un problema sociale e culturale.

Parole severe — ma condivisibili — quelle del Prof. Mauro Porta, neurologo, il quale elogiato il lavoro della Polizia Locale e del Nucleo Tutela Animali ha sottolineato come senza prevenzione e attenzione al percorso riabilitativo dell’accumulatore tutto rischia di venire vanificato. E che l’ipotesi di un quadro organico-psicologico deve sempre essere considerato quale punto di partenza della genesi del disturbo di accumulo, che indubbiamente presenta quale comune denominatore un disagio di relazione (ritenuta più appagante se intrattenuta con gli animali piuttosto che con gli esseri umani). Prima sentinella, prosegue il Prof. Porta, dovrebbe essere il medico di medicina generale nel momento in cui, anche incidentalmente, dovesse venire in contatto con una possibile situazione di accumulo.

Colui che viene colpito da tale disturbo, ha proseguito la Psicologa Elisa Colombo, evidenzia una apparente empatia verso gli animali che progressivamente devia verso il loro maltrattamento facendo emergere una sorta di crudeltà passiva. Si tratta di un fenomeno trasversale, non tipico di una particolare fascia sociale che statisticamente vede una maggior coinvolgimento di figure femminili, spesso sole o in coabitazione con un parente che a sua volta necessita di accudimento senza riceverlo.

Le segnalazioni di animal hoarding, ha spiegato il Commissario di Poliza Locale Liliana Mauri (Nucleo Tutela Animali) provengono nella più parte dei casi dagli amministratori di condominio. Quando si varca la porta del soggetto accumulatore (solitamente ben disposto all’inizio per poi chiudersi sempre più con il passare del tempo così da rendere impenetrabile il proprio fortino) ci si trova davanti a scenari inimmaginabili. Numerosi animali di specie diverse in pochi metri quadrati ai quali è stato di fatto impedito loro di conoscere il mondo esterno, volutamente e ostinatamente chiuso fuori.

L’intervento della Polizia Locale, coordinata con i veterinari pubblici e assistenti sociali, in forza di provvedimenti ordinatori emessi dal Sindaco, non ha altra funzione che quella di riportare all’interno dell’unità abitativa quelle condizioni minime di igiene e salubrità che ne possano permettere l’abitabilità. Non sono finalizzate ad eseguire, se non in percentuale irrisoria, trattamenti sanitari obbligatori.

Se possibile, si opta per attuare un sequestro degli animali rinvenuti direttamente presso l’accumulatore nominandolo custode, come ha spiegato Claudio Rossi, Direttore UOC Igiene Urbana Veterinaria dell’ATS della Città Metropolitana di Milano. Questo contribuisce da una parte a rendere più efficace il percorso riabilitativo e rieducativo, dall’altra di evitare di incorrere in quelle lungaggini procedurali note a chi frequenta gli ambienti della giustizia e che potrebbero condurre, maturando una non voluta prescrizione dei reati contestati, a riconsegnare gli animali al legittimo proprietario (il soggetto che li ha accumulati).

I reati che vengono contestati sono solitamente quelli della detenzione incompatibile di animale, maltrattamento e a volte di uccisione di animale. Ne ha parlato il Dott. Fabio Roia, Presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano soffermandosi a illustrare quella che — a suo dire — rappresenta una vera e propria rivoluzione giurisprudenziale in favore della senzienza degli animali (ma che a mio modo di vedere resterà una rivoluzione a metà fino a quando la senzienza non sarà riconosciuta a livello di codice civile e carta costituzionale).

Interessante la testimonianza offerta dal Garante per i diritti degli animali del Comune di Bergamo, l’avvocato Paola Brambilla, che ha illustrato come sia riuscita a fare introdurre all’interno del Regolamento di tutela animali una limitazione (da 10 a 5) del numero dei cani che si possono detenere all’interno di una abitazione (diversamente scatterebbe il reato di maltrattamento) come anche a vietare l’uso del collare a strozzo o strangolo.

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