Il caso fortuito nella vita di un cane

Vi è mai capitato di pensare che non sareste mai e poi mai riusciti ad evitare che quell'evento capitasse? Se la risposta è sì, vi siete imbattuti nel concetto di caso fortuito.
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Avv. Cristiana Cesarato

Avvocata civilista in Torino e addestratrice cinofila di 1° livello ENCI. Blogger per passione e per difendere un grande sogno: il riconoscimento del diritto degli animali come un diritto costituzionalmente garantito.

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Vi è mai capitato di pensare che proprio non sareste mai e poi mai riuscite ad evitare che quell’evento capitasse? Se la risposta è sì, vi siete appena imbattuti nel concetto di caso fortuito.

Per i non addetti ai lavori (non giuristi) è certamente un termine strano, ma, per chi come me lavora con un computer e un codice come amico, vi assicuro che spesso mi imbatto in questo termine. Per aiutarvi vi faccio un esempio che ha come protagonista un cane e una signora.

Il caso: amica di famiglia, introdottasi in casa, tenta di accarezzare il cane, nonostante l’invito della proprietaria di allontanarsi, e viene morsicata ad una mano.
Il Tribunale le nega in prima battuta il risarcimento del danno e in seconda battuta accoglie il ricorso e condanna il proprietario al risarcimento dei danni.

Foto: bernardbodo su iStock

Il punto nodale è: come consideriamo il comportamento del cane: imprevedibile e inevitabile?

  • Se rispondiamo di SÌ: il proprietario non è considerato responsabile.
  • Se rispondiamo di NO: il proprietario è responsabile del danno.

In primo grado il Tribunale respinge la pretesa risarcitoria della donna: il suo tentativo di accarezzare il cane nonostante il proprio timore per l’animale, noncurante dell’avvertimento della proprietaria, aveva integrato gli estremi del caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità del proprietario dell’animale.

Di contrario avviso si mostra la Corte d’Appello di Venezia e la Corte di Cassazione Civile (Sez. III, 20 maggio 2016, n. 10402) che condanna il proprietario del cane al risarcimento dei danni, sostenendo che il comportamento della signora non avrebbe potuto essere considerato caso fortuito, perché la stessa conosceva il cane sin da quando era cucciolo e si recava spesso presso l’abitazione dell’amica, sicché il suo tentativo di accarezzarlo non era connotato dal carattere dell’imprevedibilità, elemento essenziale nella determinazione del caso fortuito.

La sentenza della Cassazione ribadisce che alla persona morsicata o danneggiata spetta unicamente provare che il suo danno è derivato direttamente dal comportamento dell’animale (sia esso razionale o irrazionale, prevedibile o imprevedibile).

Specularmente, in capo al proprietario o al custode del cane, l’unica prova liberatoria ammessa è quella che il fatto dannoso è imputabile ad un fattore esterno alla sua sfera soggettiva, imprevedibile, eccezionale ed inevitabile, ovvero in un caso fortuito.

A mio avviso, l’aspetto più controverso è che a nulla rileva che il proprietario dell’animale abbia tenuto o meno comportamenti diligenti nella gestione e custodia dell’animale.

In generale, quindi, le precauzioni, prese per evitare che l’animale provochi un danno, non sono considerate circostanze che possono impedire che il cane morsichi qualcuno o che faccia male ma, al contrario, se non prestiamo la giusta attenzione al comportamento del nostro cane, potremmo essere accusati di aver aumentato le probabilità del verificarsi dell’evento dannoso.

E il “caso fortuito”?

Gli addetti ai lavori cercano di definire oggettivamente la nozione di caso fortuito, ancorandosi alla valutazione del comportamento del danneggiato e del terzo, in relazione alla fatto concreto.

La criticità però sta proprio nella scorretta valutazione dei comportamenti dei danneggiati o dei terzi, spesso inappropriati o ignari delle reazioni degli animali, che poi sono considerati gli unici responsabili.

Occorrerebbe quindi una concezione di caso fortuito che tenga conto della natura degli animali e che permetta di attribuire rilevanza a tutti i comportamenti del danneggiato che, quand’anche non necessariamente imprevedibili, possano essere considerati privi dell’ordinaria diligenza o colpevolmente diretti ad ingenerare la reazione dannosa dell’animale.

Concludendo questa breve riflessione non posso negare la mia perplessità di fronte al diverso esito delle pronunce dei tribunali. E’ quantomeno necessario che vi siano criteri strettamente oggettivi nella valutazione dei fatti per evitare una giustizia soggettiva.

Tornando alla vita di tutti i giorni invece ritengo che sia sempre meglio prevenire che curare.

Non è mai sbagliato essere prudenti e raccomandare a chi si avvicina ai nostri cani di fare attenzione, o addirittura evitare che vengano accarezzati, rischiando anche di essere scortesi.

Teniamo d’occhio i nostri cani e soprattutto chi ci circonda!

Foto di copertina: taa22 su iStock

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