Il comportamento sociale del cane

Il comportamento sociale del cane è un elemento fondamentale nella relazione con l'essere umano.
Roberto Marchesini

Roberto Marchesini

Filosofo, etologo, zooantropologo, saggista e fondatore di SIUA – Istituto di formazione zooantropologica.

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Il comportamento sociale del cane rappresenta la dote più importante nella relazione con l’essere umano, sia per quanto concerne la convivenza – possiamo infatti affermare che solo il cane è in grado di accompagnare l’umano in tutte le diverse situazioni sociali e ambientali – sia per quanto concerne la collaborazione: il cane ha affiancato la nostra specie fin dal remoto Paleolitico nelle più differenti attività collaborative, dalla caccia alla pastorizia, dalla difesa alla ricerca, e oggi persino come co-terapeuta.

Detto questo, è altresì evidente che proprio l’intensa partecipazione sociale del cane se per certi versi rappresenta la dote più importante per altri versi può costituire un punto di criticità. Il cane per esempio interagisce in modo sociale con gli altri cani e le altre persone e il suo modo di interagire – le leggi non scritte ma ben rappresentate nel suo etogramma – possono dar luogo a situazioni problematiche. Per esempio gli esseri umani accettano situazioni di vicinanza e promiscuità abitativa – l’esempio classico è il condominio – che il cane fa molta fatica a digerire, per cui è possibile che ogni tanto possa per così dire perdere la pazienza e dar luogo a scenate di disappunto per un passaggio troppo ravvicinato o un frastuono inatteso.

Questo problema viene enfatizzato soprattutto se è il cane a dover decidere il comportamento da tenere ovvero se il proprietario non ha raggiunto quel grado di accreditamento che consente al cane di fidarsi e affidarsi alla guida autorevole del proprio compagno a due zampe.

E qui ovviamente insorge un nuovo problema, quello dell’organizzazione sociale del gruppo familiare. Mentre l’essere umano organizza la famiglia in una sorta di società orizzontale di comprimari, per il cane è fondamentale definire una squadra ove a ogni membro è affidato un ruolo ben specifico. I problemi che più frequentemente insorgono da questa differenza di percezione della famiglia – un aggregato affettivo per l’umano, una squadra collaborativa per il cane – sono essenzialmente due: l’incapacità dell’uomo di capire il bisogno del cane di ricoprire un ruolo collaborativo gli crea uno stato di frustrazione e scarsa integrazione sociale, il non tener in seria considerazione la necessità del cane di pensare la propria squadra sotto un preciso coordinamento fa sì che il proprietario poco si preoccupi di essere una guida autorevole per il proprio cane. Essere da parte del proprietario una guida accreditata, a cui affidarsi in tutte le situazioni problematiche, è importante proprio per il benessere del cane e per facilitare le relazioni sociali con il prossimo.

Per poter assumere questo ruolo la persona deve manifestare nella relazione con il cane alcune qualità: deve essere in grado di ingaggiare il cane in una molteplicità di attività, proprio come farebbe il mister di una squadra, deve dare sicurezza al cane nell’intersezione con il mondo esterno, dev’essere presente nella quotidianità del cane, deve avere fermezza nell’intraprendere direzioni e attività, dev’essere coerente e costante nei suoi comportamenti.

Spesso si sottolinea che questa capacità di leadership sia necessaria per farsi obbedire dal cane e per poterlo gestire, io aggiungo che questa qualità è fondamentale anche per facilitare la relazione del cane con il mondo esterno, giacché quanta più autorevolezza avremo sul nostro cane tanto più lui si affiderà al nostro comportamento ovvero si sintonizzerà sul nostro stile. Spesso questa necessità viene fraintesa o negletta, per una sorta di proiezione antropomorfica, per cui vorremmo che il cane avesse caratteristiche che viceversa non ha. Poi ci si lamenta se il cane ha atteggiamenti conflittuali con il mondo, quando invece è normale che il cane senza una guida autorevole si debba affidare necessariamente al proprio etogramma che gli dice che gli estranei vanno tenuti a debita distanza. Questo peraltro significa che occorre sempre vigilare sulle relazioni sociali del proprio cane, anche quando abbiamo la certezza del suo carattere mite e pro sociale, soprattutto allorché il cane venga in interazione con un bambino. Non bisogna mai lasciare un bambino al di sotto dei cinque anni da solo con il cane, perché entrambi non hanno piena consapevolezza delle conseguenze delle azioni. La socialità del cane è una risorsa importante è proprio per questo occorre valorizzarla e proteggerla da possibili zone di criticità.



Siua, Istituto di Formazione Zooantropologica, nasce a Bologna nel 1997 da un’idea di Roberto Marchesini, etologo e fondatore della zooantropologia, la disciplina che si occupa della relazione tra l’essere umano e le altre specie, e studioso di scienze cognitive. Ben presto questo progetto ha visto l’adesione di molti ricercatori e oggi il parco docenti interni di Siua è molto vasto comprendendo una molteplicità di aree professionali. Fin dal suo esordio, Siua si propone di sensibilizzare sul valore della relazione con la natura, attraverso progetti didattici per le scuole e attraverso la formazioni di professionisti in grado di favorire tale incontro. I valori di Siua possono essere riassunti nel concetto di empatia: riconoscere l’importanza delle caratteristiche di specie, cercare una consonanza accogliendo i bisogni e le istanze, rimarcare il principio del rispetto.

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